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Nomi dei venti che soffiano in Italia: origine e leggende

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Conoscere i nomi dei venti che soffiano in Italia può rappresentare un viaggio divertente e affascinante in secoli di storia, geografia e mito che uniscono la nostra penisola al resto del Mediterraneo. Ogni raffica porta con sé una direzione, un’etimologia, un carattere meteorologico preciso e, spesso, anche una piccola leggenda. Comprendere i significati di Tramontana o Scirocco significa leggere il cielo come un antico atlante, indispensabile ai navigatori del passato e agli appassionati che scelgono di uscire in barca o di programmare le semine.

Nomi dei venti: dalla rosa dei venti alla mappa d’Italia

La nostra bussola culturale è la rosa dei venti di origine veneziana, fissata nel Medioevo sull’isola di Zante (anche se la sua più antica rappresentazione appare nell’Atlante Catalano nel 1375): a partire da quel punto venivano tracciate le rotte commerciali e, con esse, battezzate le correnti d’aria.

Così il Nord prese il nome di Tramontana, ovvero “al di là dei monti”, riferendosi genericamente ai venti provenienti da nord. Il Nord-Est, invece, diventò Grecale, ovvero la strada verso la Grecia.

Lo Scirocco del Sud-Est deriva dal termine arabo sharq (“oriente”), che descriveva l’arrivo di sabbia sahariana. L’Ostro del Sud è una deformazione latina di auster, che indica un vento caldo e umido, mentre il Sud-Ovest divenne Libeccio, perché collegato alla Libia che per i mercanti rappresentava l’intera costa nord-africana, mentre la derivazione terminologica greca (“libòs”) significa più semplicemente “vento portatore di pioggia”.

A Ovest, il Ponente salutava il sole “che si pone”, mentre a Nord-Ovest, il Maestrale era la via maestra verso Venezia, la repubblica marinara egemone in quella regione.

Con il tempo a questi otto punti di riferimento se ne sono aggiunti altri: la Bora triestina, il Föhn alpino e il Ponentino romano. Tuttavia, la struttura originaria resta ancora il riferimento di marinai, agricoltori e meteorologi.

I nomi dei venti e le storie etimologiche tra cielo e mare

Ogni nome, inoltre, custodisce un indizio sul carattere del vento.

La Tramontana, per esempio, soffia secca e gelida, spazzando le nubi invernali e regalando cieli tersi: già gli antichi Romani la temevano per il freddo pungente.

Dal lato opposto c’è lo Scirocco, che inizia il viaggio rovente sul Sahara, attraversa il Canale di Sicilia e assorbe l’umidità del Tirreno, trasformandosi in un soffio appiccicoso che porta piogge al Nord. Il suo respiro è talmente potente da trasportare granelli di sabbia fino alle Alpi, tingendo di ocra la neve primaverile.

Il Grecale è un parente stretto della Tramontana: tagliente, asciutto, spesso innescato da un’alta pressione sui Balcani. Al largo di Trieste viene ribattezzato Bora quando accelera lungo le gole del Carso, raggiungendo velocità da record.

Il Libeccio, invece, ha l’indole del viaggiatore instabile: d’estate può infiammare le temperature sulle isole maggiori, mentre in autunno diventa portatore di perturbazioni atlantiche e di violente mareggiate sulle coste toscane e liguri.

Divinità e personificazioni: quando il vento aveva un volto

I Greci non si accontentavano di misurare il vento con un anemometro, bensì lo trasformavano in divinità.

Boréas, dio del Nord, veniva dipinto con barba e ali, pronto a scatenare bufere che paralizzavano la navigazione. Zefiro, il nostro Ponente, era al contrario il messaggero della primavera, tiepido e profumato di fiori. Scirocco diventava Notos, figlio di Eos, capace di annebbiare il cielo con nuvole scure, mentre Austro, l’Ostro latino, era temuto per l’umidità che corrodeva i raccolti.

L’eredità mitologica resiste oggi nei proverbi. “Quando la Tramontana canta, il contadino pianta” recita un detto umbro, perché l’aria secca preserva i semi da muffe e parassiti. “Se Maestrale dura tre giorni, dura una settimana” avvertono in Sardegna, dove questo vento governa le onde e detta legge sulle battute di pesca.

Come riconoscere le tracce dei venti nella vita quotidiana

Non serve essere meteorologi per riconoscere la firma dei diversi venti. Una giornata di Ponente sulla costa laziale regala un refrigerio inconfondibile verso sera. Un colpo di Libeccio sul Golfo dei Poeti profuma l’aria di sale grosso e gonfia le secche del Magra. Un Grecale primaverile spazza le polveri sottili sulla pianura padana regalando orizzonti nitidi fino agli Appennini.

I nomi dei venti popolano anche la lingua comune, e non solo nei proverbi: restare “senza Tramontana” significa perdere l’orientamento, mentre “girare col vento” allude a cambi repentini di idea e “dare in Libeccio” è sinonimo di brusco peggioramento.

Nonostante la scienza moderna abbia sostituito le stelle dei venti con carte sinottiche e satelliti, il fascino delle antiche denominazioni rimane intatto. Sapere che il Maestrale porta il profumo resinoso delle pinete corse, o che lo Scirocco ruggisce tra i vicoli di Palermo con polvere africana, significa riconoscere nel vento qualcosa di più di una semplice corrente d’aria.

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