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Olandese volante: curiosità sulla leggenda del veliero fantasma

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L’Olandese volante è una di quelle storie che continuano a far battere il cuore degli amanti del mistero. Un veliero che nessun porto accoglie, un equipaggio di spettri e un capitano legato a un giuramento impossibile: ingredienti perfetti per una leggenda che, dal Seicento a oggi, attraversa oceani e immaginazione. In poco più di tre secoli, infatti, il mito si è evoluto, ha assunto nuovi nomi e persino nuove vele, senza mai perdere la rotta nel mare della cultura popolare.

Olandese volante: le origini tra storia, leggenda e mare aperto

Le prime voci sull’Olandese volante compaiono nei porti del Nord Europa tra la fine del XVII e l’inizio del XVIII secolo.

Molti racconti sono incentrati sul capitano Bernard Fokke, marittimo della Compagnia olandese delle Indie orientali noto per le traversate insolitamente veloci fra Amsterdam e Giava. Tale rapidità fece nascere il sospetto di un patto col diavolo, il primo seme della maledizione.

Altri testi, invece, parlano di Hendrick Van der Decken, che nel 1641 avrebbe sfidato una tempesta al Capo di Buona Speranza pur di rispettare i tempi di consegna, condannando se stesso a navigare fino al Giorno del Giudizio.

Nel XIX secolo la leggenda prende una forma letteraria. Edward Fitzball firma il dramma The Flying Dutchman nel 1826, mentre poco dopo, nel 1839 Frederick Marryat pubblica The Phantom Ship, nel quale il capitano diventa Vanderdecken.

Un anno prima, nel 1838, anche Edgar Allan Poe aveva inserito un terrificante incontro con l’olandese volante nel capitolo X della Storia di Arthur Gordon Pym. Ma è Richard Wagner, con l’opera Der Fliegende Holländer (1841), a fissare nell’immaginario europeo la figura del veliero che riappare ogni sette anni in cerca dell’amore che spezzi la maledizione.

Maledizione, avvistamenti e possibili spiegazioni scientifiche

Secondo la tradizione marinaresca, incrociare l’Olandese volante porta sfortuna. Durante le grandi rotte commerciali del Sette–Ottocento, diversi equipaggi raccontarono di aver visto, tra nebbia e lampi, un veliero illuminato da una luce innaturale.

Il più celebre avvistamento ufficiale risale al 1881: il futuro re Giorgio V d’Inghilterra, allora guardiamarina, riferì di aver notato la nave fantasma al largo del Capo di Buona Speranza e, poco dopo l’avvistamento, l’albero di vedetta dell’incrociatore britannico si ruppe, provocando un morto.

Gli scienziati suggeriscono che a creare questi miraggi sia l’effetto Fata Morgana: quando uno strato d’aria fredda sfiora l’acqua e uno più caldo lo sovrasta, i raggi luminosi si incurvano verso il basso, proiettando sopra l’orizzonte l’immagine di un’imbarcazione reale che, in realtà, si trova oltre la linea visibile. Il risultato è una nave sospesa in aria, vivida abbastanza da impressionare marinai stanchi a causa di notti di guardia e tempeste.

L’Olandese volante nell’arte e nella cultura pop

Dalla musica alla narrativa, poche navi vantano una rotta culturale tanto lunga. Oltre a Wagner, anche Washington Irving pubblica nel 1855 The Flying Dutchman on Tappan Sea, trasferendo il mito sulle acque americane.

Nel Novecento arrivano i cantautori italiani: i Nomadi e Francesco Guccini evocano la nave nei loro testi, mentre il pittore statunitense Albert Pinkham Ryder dedica al tema alcuni oli visionari.

Al cinema, l’Olandese volante vira verso i Caraibi: nella saga Pirates of the Caribbean il galeone, liberamente ispirato al vascello svedese Vasa, è guidato prima da Davy Jones e poi da Will Turner, costretto a raccogliere le anime dei morti in mare.

Non possono mancare le citazioni fumettistiche: il manga One Piece di Eiichirō Oda trasforma il veliero in un colosso che incute timore nei mari del Nuovo Mondo, e persino Topolino gli rende omaggio con lo “Scozzese volante”, disegnato da Romano Scarpa nel 1957.

Passando ad applicazioni più concrete, a San Pietroburgo, nei pressi del ponte Birževoj, è ormeggiata una nave-ristorante battezzata proprio “Olandese Volante”. Nelle sue sale in stile ottocentesco si ha la possibilità di cenare con vista sulla Fortezza di Pietro e Paolo e sul Palazzo d’Inverno.

Insomma, che si tratti di un effetto ottico, di un ammonimento morale o di una favola marinaresca, l’Olandese volante continua a solcare l’immaginario collettivo poiché incarna un timore universale: restare prigionieri all’infinito di una promessa o di un errore. Un ciclo di disgrazie che si ripete sempre, una paura ancestrale che terrorizza e al tempo stesso affascina l’uomo.

È proprio vero che certe storie, come certi mari, non conoscono mai davvero la parola “fine”.

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